L’articolo necessita di una doverosa premessa. Non starò qui a parlare nuovamente del caso Luttazzi, del blog che l’ha generato e della difesa del comico romagnolo. Chi ha letto si è fatto una sua opinione ed andrà avanti con quella. E non sono né un detrattore di Luttazzi né l’avvocato difensore. Il mio post è un semplice “diamo a Cesare ciò che è di Cesare”.
Il comico che sale sul palco ha un potere enorme: esprimere il suo pensiero in chiave ironica. La maggior parte dei comici in Italia entra in un “sistema Zelig” molto piatto, con autori e cose da dire già scritte, personaggi da interpretare. Ci si riduce a fare gli attori comici e non i comici. Che va benissimo, per carità. Però dopo un po’ rompi i coglioni. Il tuo tormentone passa di moda, la gente si stufa. Ed ecco che ti ritrovi fuori dal sistema, depotenziato, costretto a vivere legato ad un personaggio che ti ha portato al successo e che, contemporaneamente, ti ha incatenato. Avrai i soldi e la fama, ma sarai già diventato parte di un sistema i cui pilastri sono composti da ipocrisia mista a cemento armato, che tu non avrai neppure scalfito.
Chi decide di proporre idee e pensieri, chi porta sul palco delle riflessioni, spesso va a sbattere contro un muro, una vera e propria censura ideologica. E’ come suonare rock in una nazione dove tutti vanno pazzi per il liscio, ed una chitarra elettrica non l’hanno sentita neppure alla radio. Quelli che come te amano il rock, devono impegnarsi a cercarlo: in un negozio di dischi tra gli scaffali più impolverati o su internet, fuori dal mondo comune in cui vivi.
In questo sistema nasce una stella, un rocker che spacca di brutto e che ti appassiona, che ti fa pensare “Ahhhh, finalmente quello che cercavo me lo sento alla radio”. Non è il primo, e non sarà l’ultimo, ma è il più cattivo, il più audace. Te lo godi per anni, le critiche e le censure ai suoi testi spinti te lo fanno amare ancora di più. Fino a che, un bel giorno, succede che qualcuno ti fa notare che quel riff di chitarra è di un famoso rocker americano, che il testo è la traduzione di un altro rocker, e così per gran parte dei suoi album.
La reazione della massa non è “lo hanno censurato per cose lecite” ma “ha copiato”. E il rocker sparisce, si ritira a vita privata, rincorso dalle Iene (quelle del metodo stamina, dei vaccini che rendono disabili, della dieta vegana contro i tumori ecc) e con moltissimi fan in meno.
Chi ci perde in tutto questo? Tu, naturalmente, che non ti ascolti più il rock alla radio.
Luttazzi è ed è sempre stato questo. L’alternativa ad un mondo televisivo piatto, fatto di comici vestiti da ape in calzamaglia o mirabolanti monologhi sulla differenza fra calabresi e milanesi. E’ quello che ha lanciato strali su Berlusconi e la sinistra, quello che ha sdoganato il sesso nella comicità nostrana, quello che ha permesso con Tabloid la nascita di tutti i siti di satira con battuta che di questi tempi sono spuntati come funghi (all’interno dei quali magari ci sono autori che ora gettano fango su Luttazzi perchè hanno visto due video su Carlin, ma che evidentemente all’epoca dormivano), quello che si è rifiutato di andare a Sanremo per non dover fare un monologo di merda come quello della Littizzetto sulla bellezza, quello che a Raiperunanotte ha tirato fuori un pezzo che è oro puro, quello che sono andato a sentire dal vivo e mi ha fatto sganasciare più di qualunque altro comico io abbia mai visto dal vivo (ma rimpiango molto non essere potuto andare a guardarmi Recital di Guzzanti), quello che ha pagato tutto questo con la censura, prima dei media e poi del pubblico.
Non so perchè ho scritto questo post, forse perchè suor Cristina che chiede di dire il Padre Nostro mi ha fatto cascare i miei già gonfissimi coglioni, ma è ciò che penso da anni. Di Luttazzi abbiamo bisogno, perchè non è sufficiente dire “io non guardo la tv”. Tu ti salverai, ma milioni di persone non vedranno mai l’alternativa alla comicità mediocre. Insomma, Montanini su RaiTre è fantastico, e Aniene di Guzzanti è un crack. Ma non mi basta, non posso pensare che Luttazzi stia fuori da una televisione così.
Lancio un appello. Me ne sbatto del fatto dei plagi, me ne frego di quello che pensate: ridatemi Luttazzi.
Fatelo per me.